Ora, ci passo spesso e ogni tanto provo un certo rimpianto. È il rimpianto di chi ci ha passato due anni all'inizio degli anni '60 senza fare molto. Sono stato accettato come semi-internato e ho potuto partecipare alle lezioni. Mangiai il pranzo, giocai a calcio come un idiota e poi andai al doposcuola a fare i compiti. Presi un cestino per prendere un panino, e un altro cestino per prendere la famosa marmellata Sorini. Alle 16.30 sono uscito con la mia borsa di pelle in spalla per andare alla stazione. Arrivai alla stazione di Nibbia, dove mio padre era il direttore, mi cambiai e partii alla scoperta dei prati e dei fossi e degli alberi da buon selvaggio quale ero. In effetti, il mio primo anno fu un fallimento. Il secondo anno ho fallito il latino. Recuperai in settembre per grazia e potenza di Dio. Mio padre mi consigliò di essere inserito in un'altra struttura per tenere a freno il mio spirito selvaggio. Addio Don Orlandi, Don Bergamasco, e tutti gli altri don che si sono trovati davanti un adolescente strano e ribelle che era più uno Zodiaco che un aspirante di cultura e che non erano capaci o non volevano cambiare. Mio padre mi ha cambiato in questo modo, non solo in modo positivo ma anche con molti altri colpi. Sono diventato quello che sono oggi e quello che ho raggiunto. Sono contento della vita che mi è stata data, gioie, benessere e qualche dolore. Ora è un luogo che passo in bicicletta quando vado in ospedale a fare il mio dovere di volontario. A volte, alzo la testa per esprimere la mia gratitudine alle persone e alle esperienze che ho avuto lì e che hanno contribuito all'evoluzione della mia vita.